Per il mese di novembre vi portiamo a conoscere meglio la realtà della cantina Cornelia Tessari, che da quasi cent’anni produce i vini classici del Soave a Monteforte d’Alpone. Tutto è iniziato infatti negli anni ‘30, quando Antonio Tessari e la moglie Cornelia hanno iniziato a vinificare l’uva Garganega ottenuta dal loro ettaro di vigneto in proprietà nella cantinetta sotto casa. Grazie al duro lavoro di Aldo, figlio di Antonio e Cornelia, e della moglie Bianca l’azienda è cresciuta negli anni, ed è oggi guidata dai loro tre figli, Antonio, Germano e Cornelia. Da qualche anno anche Nicola è entrato in azienda, primo rappresentante della quarta generazione di Tessari in cantina. Proprio con Nicola abbiamo avuto occasione di intrattenerci per parlare dei loro valori, radici e progetti.
Come prima parola, anche per introdurre e presentare l’azienda, ti propongo FAMIGLIA. La struttura della vostra cantina si basa sui legami familiari che sussistono tra i vari membri e sull’eredità tramandatavi dai vostri nonni e bisnonni.
- Intanto ti ringrazio, mi fa piacere che si noti il discorso familiare. A me piace sempre ringraziare i miei bisnonni per tutto quello che hanno fatto, altrimenti non avremmo l’opportunità di essere qua a vivere questa bellissima esperienza. Mi ci sono voluti degli anni per capire appieno questa fortuna. Vedere che da tanti anni la tua famiglia crede in un progetto e in uno stile di vita (perché è anche questo alla fine), ti mette addosso una grande responsabilità, ma mi rendo conto di quanto sia una cosa bella. Tornando qui dopo tanti anni all’estero ho visto che davvero ci sono dei valori che hanno fatto da collante e che ci hanno aiutato negli anni ad arrivare dove siamo. I bisnonni si sono dati tanto da fare, e poi anche i nonni e i miei genitori e zii. Avendo poi ora dei figli io stesso, è davvero bello riuscire a vedere l’immagine di una famiglia che ha iniziato tanti anni fa e che tutt’ora continua nella stessa direzione. Ci hanno insegnato come si lavora, come ci si dà da fare e ci si aiuta l’un l’altro. Questa per me è casa ed è bello il fatto che riusciamo a fare tutto con le nostre forze. Certo, abbiamo aiuto esterno, ma vedere che le persone che hanno lavorato qui prima di me sono riuscite a costruire questa base solida è qualcosa di davvero speciale. E riuscire, guardando avanti, a vedere che c’è per noi come azienda la possibilità di continuare questo legame familiare e proseguire in questa maniera, mi dà molte speranze per il futuro.
Anche la tua esperienza personale è molto significativa: dopo tanti anni all’estero, con tua moglie e i tuoi figli avete deciso di tornare e iniziare a lavorare nell’attività di famiglia.
- Il valore famiglia per me è estremamente importante, perché quando ho deciso di andare via e fare le mie esperienze all’estero, c’è stata molta apertura da questo punto di vista. Perciò per me è stato come un magnete, non me lo aspettavo, ma ad un certo punto sono stato attirato a casa verso la famiglia, per tanti di questi valori che si vivono qui. Avere poi la possibilità di includere anche mia moglie Taylor nel progetto, e avere il punto di vista di una persona che viene da una cultura diversa, è stato di certo un incentivo. Quindi è stato quasi un bisogno di tornare a casa e lavorare con la famiglia. E’ stato un lungo percorso, ma vedere oggi il forte legame che ancora ci unisce è molto bello.
Infatti è molto interessante notare come spesso nelle aziende familiari si tenda a tenere i figli vicini per inserirli il prima possibile in questo mondo, mentre tu sei stato libero di fare le tue esperienze anche per molti anni. Non era scontato che tornassi…
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- Direi, visto che siamo nel mondo del biologico, che è stata proprio una cosa organica. Non sono stato forzato a fare nulla. Può sembrare una cosa stereotipata, ma la distanza ha portato proprio ad una connessione migliore e ad un legame ancora più forte. Riconoscere da dove provieni è sempre molto importante. Poi noi come famiglia abbiamo la fortuna di avere ognuno il suo modo di pensare, che ci tiene uniti e allo stesso tempo ci dà la possibilità di guardare le cose in modo diverso. Lavorare in famiglia è speciale, perché hai una confidenza tale che riesci a dirti le cose in modo molto diretto.
Il secondo tema che vorrei affrontare è quello della GARGANEGA, la varietà d’uva locale che è estremamente rappresentativa della vostra realtà.
- Noi come famiglia siamo molto legati alla tradizione, che qui è la Garganega, ma cerchiamo anche sempre di essere attenti a come guardiamo al futuro. Una discussione su cui torniamo spesso riguarda il fatto di interessarsi anche ad altre varietà, allargare la nostra offerta. In realtà alla fine arriviamo sempre alla stessa conclusione: Garganega per noi è l’uva per eccellenza. La nostra famiglia in fondo è stata supportata dalla Garganega per quasi cent’anni e quindi è un’uva a cui siamo molto grati. In un mondo in cui ora come ora c’è la tendenza a seguire il vitigno internazionale o il blend, per noi riuscire a contare su un’uva del territorio e riuscire a lavorarla in tutte le sue sfaccettature e colori diversi è un vanto. Una cosa che mi piace sempre sottolineare è che non tutte le uve danno questa possibilità. La Garganega è per noi un vero e proprio stile di vita.
E’ un vitigno che vi dà modo anche di sperimentare tanto: sono ormai quattro anni che vi conosco, e ogni anno ho visto nascere nuove etichette e nuovi progetti. Le prime volte che venivo qui ancora non c’era il I° Ettaro, il Vermouth, il Metodo Classico… A quante etichette siamo arrivati ormai?
- Siamo a nove etichette al momento, e chissà, magari ce ne saranno delle altre. Questo è proprio il frutto della sperimentazione nata dalla collaborazione tra Antonio, Cornelia e Germano per trovare modi diversi di sviluppare questo incredibile vitigno. Negli ultimi anni abbiamo cercato di innovare, pur mantenendo la tradizione: con il I° Ettaro abbiamo ripreso l’uso del cemento, come facevano i nostri nonni, e siamo andati a creare un vino che possiamo dire essere più unico che raro nella nostra Denominazione. Il Natus, il nostro metodo classico, è l’inizio di un nuovo percorso. Ci sono tantissime altre cose ancora su cui si può lavorare, e noi nel nostro piccolo vediamo davanti a noi tante belle opportunità che possiamo sviluppare lavorando con gli altri metodi. Quindi noi continuiamo a sperimentare e a vedere in quali direzioni si può andare. Già l’annata prossima dunque potrebbe portare ad altri vini da proporre. Quello del vino è un mondo bellissimo, e la Garganega è il partner migliore per provare a toccare nuovi orizzonti.
In poche parole, la Garganega è proprio la vostra identità, perché, non dico che siate gli unici, ma siete una delle poche cantine in zona a proporre vini 100% Garganega, mentre tante altre realtà del Soave vanno poi anche a spaziare in Valpolicella o su vitigni internazionali. E’ ormai un vostro segno di riconoscimento, possiamo dire.
- Sì, e ci fa molto piacere essere conosciuti così. Penso che la nostra unicità sia non solo che lavoriamo la Garganega in purezza, ma che da sempre lo facciamo. Questa non è una questione di testardaggine, ma è una scelta ben ponderata, una scelta che facciamo ogni giorno e in cui crediamo molto. Sicuramente non siamo gli unici, ma crediamo sicuramente di essere uno degli specialisti in questo mondo, nel vitigno della Garganega. Essere conosciuti come “i Tessari della Garganega” ci fa molto piacere, quindi continuiamo a credere in questo vitigno e pare che questo sia un momento in cui la Garganega comincia a riscuotere il merito che le spetta. A livello storico penso che sia un buon momento per mostrare a tutti quello che la Garganega può fare.
Prima elencavo le etichette che ho visto uscire mano a mano negli anni, ma non ho nominato ”Era di Outgrowth”. Parliamo un po’ di questo nuovo progetto in casa Tessari.
- “Era di Outgrowth” è appunto un nuovo progetto di sostenibilità nato dalle conoscenze di questa famiglia e dalle mie esperienze personali fatte da me con mia moglie Taylor. Avendo avuto l’opportunità di vivere per molti anni a Vancouver, sull’oceano Pacifico, dove c’è un’ottima qualità dell’aria e l’ecosistema è ben equilibrato, una delle cose che ci ha fatto riflettere tornando a casa è stato che la qualità dell’aria è molto povera. Informandomi al riguardo, mi sono reso conto che questa condizione era influenzata anche da fattori che non sono direttamente sotto il nostro controllo, come la conformazione morfologica del territorio: essendo noi situati in una vallata l’aria è un po’ stagnante. Collegato a tutta questa situazione c’è anche la questione dell’innalzamento delle temperature e del cambiamento climatico, che credo sia ormai piuttosto evidente: le estati si fanno sempre più lunghe e di sicuro non fa più fresco di quando sono andato via più di dieci anni fa. Informandomi al riguardo, e lavorando con un gruppo con cui ci siamo consultati, ci siamo resi conto che con la piantumazione e riforestazione fatta in maniera metodica, riusciremmo a impattare meno con le emissioni di C02 e di conseguenza aiutare la temperatura a non alzarsi. Obiettivamente noi nel nostro piccolo non possiamo farlo, ma se fatto insieme, se ognuno fa la sua parte, questo può fare la differenza. Tornati a casa, in punta di piedi abbiamo provato a dare il nostro parere in azienda. A livello di vino credevamo che ci fosse nella parte della sperimentazione l’opportunità di provare a creare un Soave DOC che fosse in realtà una Unità Geografica Unica. Abbiamo deciso quindi di segregare una parcella di Costalta per andare a creare Era di Outgrowth esclusivamente da quel vigneto. I nostri vini tendono ad essere naturalmente molto sapidi, e anche Era di Outgrowth lo è, ma questa volta abbiamo pensato, da un punto di vista di metodologia di produzione, di lasciar sovramaturare un’uva che già cresce con esposizione a sud-ovest, per ottenere un vino più corposo e una maggiore concentrazione degli aromi. Siamo andati dunque a creare un bella fusione tra la freschezza del nostro Soave Classico Grisela e la struttura del Soave Classico Superiore Bine Longhe.
Dal punto di vista del progetto più ampio di sostenibilità invece, Era di Outgrowth prevede che una percentuale dei ricavi dalle vendite di queste bottiglie venga reinvestita per la piantumazione e riforestazione, fatta direttamente nei nostri terreni. Non acquistiamo crediti, non paghiamo qualcuno per compensare la CO2, si fa direttamente da noi. Non è vicino ai nostri vigneti, abbiamo iniziato a fare questo percorso dietro al nostro B&B, dove era stato asfaltato e cementato, quindi stiamo ridando la terra. Nei vari appezzamenti, mano a mano che le bottiglie vengono vendute, andiamo a piantare anche vicino ai vigneti, facendo attenzione a non creare problemi con l’ecosistema che abbiamo già in vigna. Dove era cementificato c’è bamboo e ci sono botaniche indigene del territorio, che noi acquistiamo qui in paese. L’obiettivo finale è di arrivare ad essere neutri a livello di emissioni di CO2, quindi stiamo facendo questo percorso per ottenere la certificazione CO2 neutral. Noi non vogliamo che questo sia un progetto solo nostro, vorremmo che fosse un progetto di comunità. Ci fa piacere essere una delle prime realtà a pensare a questo, ma cerchiamo di collaborare con i colleghi della zona per vedere come fare ad aiutare il nostro territorio. Non voglio che risulti come una frase fatta, lo dico davvero con il cuore: per generazioni ci siamo rifocillati grazie a questi terreni, e io vorrei che i miei figli, i nostri figli, le prossime generazioni potessero fare lo stesso. Dobbiamo darci tutti una mano per cercare di fare la differenza, non solo tramite la piantumazione, ma questa è una delle cose che si può fare per cominciare.
Credo comunque che inserire questo progetto in azienda sia stato anche relativamente semplice, una sorta di passaggio naturale, perché è già da tempo che come famiglia avete un occhio attento alla sostenibilità: lavorate biologico, avete anche questa attenzione per la produzione vegana, usate energie rinnovabili,…
- Sì, la famiglia l’ha reso molto semplice, è stata ben aperta al nuovo progetto. Anche il nome stesso della bottiglia è significativo in questo senso: Outgrowth in inglese significa “qualcosa che cresce da qualcosaltro”, è come l’aggiunta di un nuovo tralcio a qualcosa le cui basi sono state radicate dalla famiglia nelle generazioni precedenti, è una continuazione di tutto quello che è già stato fatto. Si presenta con un’etichetta molto diversa, però si trova ad essere molto in linea con quello che è stato fatto precedentemente; il percorso biologico partito dieci anni fa, la produzione vegana, che apre anche delle porte a più clienti, ma soprattutto l’attenzione a quello che si dà alla terra. La questione della qualità dell’aria vuole essere una continuazione del discorso di sostenibilità aperto ormai parecchi anni fa. Lo sappiamo tutti che queste non sono metodologie semplici da mantenere e sostenere nel tempo, ma noi ci crediamo e non ci piace fare le cose semplici. Le difficoltà sono senz’altro tante, ma l’obiettivo finale è quello di aiutare il terreno e lasciare un’eredità alle generazioni future.

Se siamo riusciti ad incuriosirti e vorresti sapere di più sulla cantina Cornelia Tessari, i loro vini e i loro progetti sul territorio, unisciti a uno dei nostri tour di gruppo Soave e Amarone, oppure scrivici a [email protected] per verificare la disponibilità sui tour privati. I loro vini puoi trovarli anche nel nostro negozio a Verona e sul wine shop online, passa a dare un’occhiata. Ti aspettiamo presto!



